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Hans 100 anni. Il contributo di Jacques Lacan alla psicanalisi dei bambini. Milano 2004. Che cosa chiamiamo autismo? Le sorprese della clinica. Roma 2004. Lacan 100 anni. Mosè e il Nome-del-Padre. Roma 2005. Clinica dell'adolescenza. Clinique de l'adolescence di C. Tyzler. Roma 2005. La psicanalisi è adatta ai bambini? Per informazioni rivolgersi alla segreteria
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25.02.07LO PSICANALISTA NELLA CITTÀ
Conferenza tenuta il 23 giugno 2006 presso la Casa della Cultura a Milano in occasione della presentazione del libro di Si può scaricare la trascrizione in formato pdf da qui Jean-Paul HILTENBRAND J.P. Hiltenbrand: Il titolo che Marisa Fiumanò ha dato alla mia conferenza di stasera è molto simpatico ma anche molto ambizioso. Partirò da un quadro generale. Siamo in un momento della civiltà, in cui dovunque ci voltiamo incontriamo il progresso, cioè non siamo più alienati alle autorità, al principio autoritario, la rimozione sessuale si è notevolmente attenuata, viviamo in un confort straordinario, le nostre democrazie sono giunte a una stabilità veramente rimarchevole in confronto agli altri regimi politici della storia. Inoltre viviamo in una cornice di protezione sociale, protezione multipla, sicurezza multipla. Se siete d’accordo con questo quadro, il paradosso è che al livello individuale assistiamo a depressioni, a rafforzamenti dell’angoscia, all’apparizione dell’inquietudine davanti al futuro, alla “fatica di essere se stessi”, alla mancanza di energia, di dinamismo nella nostra contemporaneità, e ciò che constatiamo clinicamente è un’apatia del desiderio. Sul piano generale, la maggior parte de nostri colleghi è d’accordo nel constatare il declino dei Nomi-del-Padre, declino della funzione paterna, declino del simbolico, declino dell’istituzione, cioè dello stato, della patria, della scuola. Constatiamo anche l’allentamento del legame sociale con l’impressione che ognuno corra dietro un progetto egoista, personale, senza occuparsi degli altri. Constatiamo una diminuzione della solidarietà tra gli individui e un isolamento sempre maggiore dei nostri contemporanei. Questa constatazione, questi paradossi, da un lato il progresso e dall’altro il declino di un certo numero di caratteristiche delle nostre società, ci obbligano a porci la domanda: che cosa accade? Qual è l’origine di questo nuovo malessere nella civiltà? Che cosa sanno gli psicanalisti o che ce ne possono dire? La nostra risposta è semplicissima: l’uomo è un “parlessere”, è organizzato non da avvenimenti e da un mondo di oggetti (il mondo che ci presentano i media): quest’uomo è organizzato da significanti e da discorsi. E come ha evocato poco fa Maria Teresa Maiocchi, Lacan quarant’anni fa ne ha identificati quattro o cinque e adesso si pone la questione di sapere se queste strutture che egli ha messo a punto sono sempre pertinenti o se è successo qualcosa tra questi discorsi che ci obbliga a considerare diversamente le cose. Questo termine, discorso della modernità, è una tautologia e siamo obbligati a tentare di trovarne gli assi portanti sia nelle nostre società che presso gli individui che sono sui nostri divani. Se mi permettete, farò un piccolo percorso storico. La nostra cultura è stata dominata per una ventina di secoli da un discorso che si chiama il “discorso del maître”. In ogni caso capirete cos’è quando vi dirò che le nostre organizzazioni politiche nel corso di venti secoli, da Platone in poi, sono state strutturate intorno a un concetto che Aristotele ha molto trattato nella sua opera, ciò che noi chiamiamo “Sommo Bene” e che Aristotele ha anche chiamato “il primo motore immobile”. Questo discorso animato da questo significante-maître strutturava il pensiero teologico-politico da Platone fino a quasi il XVI-XVII secolo. Era dunque il regno del Sommo Bene. Questo discorso non ha più il suo primato. Ho inserito nel mio libro l’esempio di quel rivoluzionario che si chiamava Saint-Just e che era uno dei responsabili del governo del Terrore nel periodo della Rivoluzione francese, e che ha voluto reintrodurre il concetto di Sommo Bene sotto il termine di patria, di nazione. Così Saint-Just ha organizzato il terrore a partire da questo concetto e questo gli è costato la vita perché da due o tre secoli il concetto di Sommo Bene non aveva più corso. Ciò che fino a ieri legittimava la teologia e la politica ha perso il suo primato; oggi siamo obbligati a porci la domanda: in che tipo di discorso siamo condotti a vivere? La mia personale risposta è che la difficoltà sopraggiunge da quando siamo praticamente al culmine dello sviluppo della scienza. Già nel 1945, in una conferenza alla BBC, Bertrand Russell poteva dire che tutto ciò che ci capita di bene e tutto ciò che ci capita di male sul piano individuale come su quello sociale, dobbiamo attribuirlo alla scienza. Un altro filosofo tedesco degli anni 50, Schersky (anche analista delle questioni sociali), faceva notare che la scienza era arrivata al punto che le decisioni dei responsabili degli Stati non erano più guidate da un’idea politica o da un’idea filosofica ma da obblighi di tipo scientifico. La scienza è una scrittura come una formula matematica mentre il sociale resta sempre un discorso. La scienza oggi è al suo apogeo e certo praticamente al suo punto di stasi; tutti i grandi scienziati lo fanno notare: ciò che avviene nei laboratori non è più scienza, è ricerca tecnologica cioè applicazioni a partire dalla scienza, e queste applicazioni tecnologiche permettono di trovare il denaro per nutrire i laboratori. A differenza della scienza, la tecnoscienza è un discorso e noi lo notiamo per es. nella medicina che è invasa dalla tecnoscienza ma ugualmente dal discorso che si chiama tecnoeconomico. Come voi sapete, nella maggior parte delle nostre democrazie il discorso tecnoeconomico ha rimpiazzato il discorso politico. I governi di destra o di sinistra si raccomandano sempre alla scienza economica, alla tecnoeconomia per prendere una decisione. Vediamo la nostra cultura invasa dalle tecnoscienze, e queste tecnoscienze hanno ormai rimpiazzato il Sommo Bene dell’organizzazione teologico-politica precedente. Se accettate quest’analisi storica comprenderete il seguito. Siamo dinnanzi a un corpus di saperi in considerevole espansione. Quindici giorni fa in una riunione di scrittori, si faceva notare che in Francia si pubblicavano 65000 libri l’anno! Il libro è un sapere per eccellenza. Ma questi saperi hanno un carattere eteroclito. Faccio l’esempio dei nostri ragazzi attualmente sommersi di conoscenze tecnologiche, tecniche, ma sempre più inadeguati sul piano delle relazioni umane. Ecco un tratto del tutto conosciuto, riconosciuto dagli insegnanti, da tutti coloro che hanno delle responsabilità nei confronti dei ragazzi. Un altro esempio, che traggo dagli studi di medicina in Francia: oggi si è obbligati ad insegnare agli studenti in medicina come si parla ai malati! Si capisce bene che le difficoltà appaiano da ogni parte, e che in diversi settori, quello medico ma anche quello amministrativo, gli impiegati o i responsabili sono obbligati ad apprendere delle procedure in cui s’inscrivono protocolli di qualità, dove è inclusa, appunto, la relazione sociale ma sotto forma di protocollo. Vale a dire che noi non siamo più nell’arte della conversazione. Siamo passati insensibilmente da un’era teologico-politica e di Sommo Bene a un sistema che, nelle nostre democrazie, si trova sotto il tiro della scienza, e possiamo dire che la svolta – è un po’ artificiale rispetto al senso storico – è stata avviata da una parte da Galileo per le scienze, e da Machiavelli sul piano politico e riguardo la direzione dello Stato. Si è visto di colpo apparire un sistema, un corpus che si voleva scientifico e razionale. Ebbene, allo stesso modo siamo passati da un’era della sessualità sotto l’egida del desiderio a un’era che si chiamerà dell’erotismo e dell’edonismo. Non c’è più principio d’autorità, né capi religiosi che siano riconosciuti, né capi politici; e questo perché la scienza può dare una risposta a tutti i problemi sociali. Altrettanto bene lo si può vedere in certe democrazie dove il presidente può essere un ex attore di cinema o un saltimbanco dell’immagine e dei media senza che ciò sia nocivo per la direzione del paese poiché le decisioni sono prese da una tecnocrazia scientifica, vale a dire che i nostri apparati di maggior responsabilità sono essi stessi sottomessi alla tecnoscienza. Torniamo adesso alla struttura soggettiva e diamone una definizione: un soggetto è qualcuno che è in relazione con l’Altro, questo grande Altro che è il depositario della causa del desiderio. Per esempio, attualmente a Grenoble stiamo organizzando un convegno sulla ricerca di identità: che cosa è accaduto nel nostro sociale perché ci sia questa ricerca di identità che vediamo apparire in tutti i ceti sociali, in tutti i paesi, come un sorgere generalizzato? E’ perché il discorso della tecnoscienza non ha solamente soppresso il posto del soggetto ma ha insieme anche abolito il luogo dell’Altro al punto che quando, per esempio, c’è una difficoltà o si pone una questione, non si avanza più l’ipotesi dell’inconscio ma si domanda alla scienza di trovare una risposta. Non c’è più dunque l’Altro simbolico. A partire da quel momento, poiché c’era sempre l’Altro che ci dava la nostra identità, a partire dal momento in cui quest’Altro è scomparso, sorge l’angosciante questione di ciò che sono. Se non c’è più Altro, sorge una nuova domanda: che cos’è un soggetto senza trascendenza? Prima la trascendenza era assicurata dal sistema teologico. Non c’era bisogno di credere in Dio, non era questo l’importante. L’importante è che c’era un luogo organizzatore della nostra società che era esterno a questa società e che si situava in un sistema di anteriorità rispetto alla nostra società, vale a dire che questa garanzia la trovavo perché era installata da sempre. Il re, o il presidente della Repubblica, non era in verità il rappresentante del popolo, era il rappresentante di questo principio di esteriorità anteriore, trascendente, che assicurava la coesione sociale. E’ quello che noi chiamiamo, nell’analisi, il luogo dell’Altro, che assicura contemporaneamente il luogo simbolico e il legame dinamico che garantisce che non sono in una relazione immaginaria sistematica con i miei contemporanei. Il discorso tecnoscientifico elimina questa referenza e credo che il caso più notevole sia quello delle Procreazioni Medicalmente Assistite, tema sul quale Marisa ha già organizzato un convegno qui a Milano. Prima l’arrivo di un bambino era una benedizione da parte di un’istanza terza, che fosse divina o magica poco importa. Non esistendo più questo luogo la PMA faceva la sua comparsa nel discorso tecnoscientifico come qualcosa che costituisce una riuscita tecnologica che interviene al posto della benedizione e che la rimpiazza. Il discorso tecnoscientifico ha la proprietà di sopprimere quel luogo di referenza trascendente che è l’Altro. D’altra parte, come questo discorso provenga dalla scienza e la scienza, per potersi sviluppare, abbia preliminarmente soppresso il soggetto – ve lo illustrerò semplicemente attraverso il fatto che una formula matematica deve essere scritta nell’ordine logico della matematica. Non è necessario interrogarsi sul senso, è addirittura nocivo per la scienza che il soggetto vi si addentri con i suoi interrogativi. Tutti i sistemi di comando automatici, cibernetici o meccanici sono previsti proprio per escludere il soggetto con il suo capriccio o i suoi difetti. Il discorso tecnoscientifico ha dunque questa proprietà di sopprimere il soggetto e di abolire l’Altro come luogo dell’inconscio. Se noi torniamo ora alla questione dei saperi, il sapere di un soggetto è un sapere che è improprio. Ciò vuol dire che è un sapere male organizzato, un sapere in cui ci sono dei vuoti, è un sapere maldestro, disabile, è il sapere che caratterizza l’essere umano e in particolare colui che esige la relazione con il suo simile. Questo sapere noi lo chiamiamo sapere inconscio, ed è nei luoghi beanti di questo sapere che si colloca la funzione del soggetto. C’è soggetto nella misura in cui in questo sapere esiste una beanza. Ora il progetto della scienza – e lo vedete con le tecniche terapeutiche moderne come per es. le tecniche comportamentali – mira precisamente a organizzare questo sapere in modo di non aver più a che fare con il sapere non saputo del soggetto. Quelle che si chiamano in Francia le T.T.C., cioè le tecniche comportamentali, hanno la proprietà di poter regolare un problema o una difficoltà attraverso una pura logica di procedura o di protocollo come se si trattasse di una scienza o di una tecnoscienza. Constatiamo dunque che questa beanza nel sapere tende a ridursi sempre più a causa del lavoro della scienza. E perché no? Se ne può benissimo dedurre che ciò ridurrà anche le nostre possibilità di lavoro filosofico, metafisico, morale, perché in questo sistema, la morale non esiste più nel senso proprio del termine: può sorgere in seguito ma non nel corso della procedura poiché questa procedura non comporta alcun interrogativo. Ed ecco, ritornerò alla medicina. Attualmente in medicina per un gran numero di malattie esistono procedure tecniche. Per es., di fronte a un cancro al seno, bisogna procedere in quella precisa maniera. Il medico, una volta fatta la diagnosi, deve seguire quella tal procedura, quel tal protocollo terapeutico, e gli è severamente proibito porsi un problema etico perché se avanza un problema etico ciò provoca una rottura nel protocollo terapeutico. Ecco dunque un esempio che mostra bene che il discorso tecnoscientifico non può essere affiancato da nessun interrogativo etico al livello del medico che esercita. Dunque, per fermarmi qui, che cosa ci viene a fare la psicanalisi in tutto ciò? Dopo queste considerazioni, questa specie di esplorazione che ho fatto sulla situazione attuale, per quanto mi riguarda non sono del tutto pessimista perché una situazione simile l’abbiamo già incontrata nella nostra storia. E’ esattamente il momento in cui è sorto il grande periodo dell’Umanesimo e del Rinascimento. La psicanalisi consiste semplicemente nel dare la parola al nostro paziente per rifare posto a un soggetto e all’Altro inconscio, nella loro relazione reciproca in cui il soggetto si manifesta appunto attraverso questo sapere inconscio, sapere inconscio che come noi sappiamo non è senza beanza. Ed è quel soggetto del sapere che Freud aveva identificato agli inizi della psicanalisi in quanto è proprio al livello della relazione sessuale, al livello della relazione sessuata all’Altro e nello statuto erotico del soggetto che si manifestava il più chiaramente possibile questa mancanza di sapere. Ora, nonostante il progresso, come ve l’ho descritto, nonostante questo immenso progresso, l’uomo resta sempre un essere maldestro, specialmente al livello del sapere sul sesso. Domanda non udibile
Traduzione di Rosanna InvernizziPosted by Direzione at 25.02.07 15:12 |
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