Come una donna desidera...
Presentiamo un intervento di Charles Melman, fondatore dell’Association
lacanienne internationale, alle giornate di studio di Milano del 17-18 settembre,
a tema “Desiderio di uomo, desiderio di donna, che cosa dirne?”.
L’intervento fa seguito alla relazione d’apertura di Jean-Louis Chassaing
dal titolo “Mister, are you a lesbian?”.
L'intenzione è di aprire sul nostro sito un dossier con gli interventi
più interessanti, spesso debitori del dibattito "a caldo" che
si è creato durante le giornate di studio milanesi.
Sono ammirato per il modo in cui, con molto coraggio, lei è entrato in
un soggetto particolarmente difficile e credo che il nostro modo di inaugurare
testimonia del carattere delicato del problema. Perché se mettiamo in simmetria
“desiderio di uomo, desiderio di donna” supponiamo, poniamo che una
donna è castrata allo stesso modo di un uomo perché bisogna affidarsi
a questa formula “altamente ineguale”: che non c’è desiderio,
a parlare propriamente e per il fatto stesso della castrazione, che maschile e
che una posizione desiderante implica in qualche modo una partecipazione alla
posizione maschile.
Ora, come sappiamo, direi da una lunga esperienza sia privata sia istituzionale,
la difficoltà è di fare in modo che una donna venga al desiderio,
la difficoltà è di renderla desiderante secondo la formula di Lacan,
che dice che è il desiderio dell’uomo che divide la donna. È
una formula che illustra bene questo fatto, cioè che conviene in qualche
modo che lei accetti, trovandosi lei stessa divisa da questo passaggio, [questa
divisione] per accedere al desiderio. Nel complesso d’Edipo a cui ci riferiamo
così facilmente c’è comunque una cosa meravigliosa: in che
cosa il complesso d’Edipo può essere organizzatore per una donna,
per una bambina? E se non lo è, quale sarebbe il mito suscettibile di rendere
conto della venuta di una donna al desiderio? Ce n’è uno? È
la questione che vi pongo e vorrei che mi aiutaste in questo: può essercene
uno? Oppure non troviamo, in questo caso che da parte mia trovo interessante,
che non può esserci organizzazione mitica che renda conto del modo in cui
il desiderio sarebbe venuto a una donna? Allora a questo proposito voglio permettermi
d’introdurre una notazione che spero non sembrerà spiacevole, nella
misura in cui io la credo giusta, sia nella teoria sia nella clinica: è
attraverso una partecipazione che secondo me bisognerebbe chiamare isterica, cioè
in qualche modo per simpatia, per identificazione, per partecipazione all’inizio
immaginaria, dico bene, all’inizio, che una donna parteciperebbe al desiderio
e in particolare al desiderio maschile. Notazione che, come ho ricordato poco
fa, Lacan corregge dicendo che è il desiderio dell’uomo che viene
in qualche modo a farle divisione, corregge dandole in un certo senso una sanzione
simbolica; ma è una sanzione simbolica che non viene, direi, per l’appunto,
dall’Altro, che viene da quest’accidente che rappresenta un simile
e che introduce qui nel gioco una dimensione che nell’Altro per lei non
è presente.
Dunque permettetemi, se volete, dopo questo inizio che trovo molto brillante di
Jean-Louis [Chassaing], molto documentato, molto ricco, ma che porta tuttavia
a una conclusione comunque, pratica, clinica, permettetemi questa notazione sul
fatto che non si può scrivere in simmetria desiderio di uomo-desiderio
di donna. Quest’ultimo paziente, mister, così carino, mister “Are
you a lesbian?”, devo dire che da parte mia, fondandomi su alcune notazione
che ho ricordato perché so che vi sono familiari, avrei detto: “insomma
dicendomi quello che è scritto sulla sua t-shirt”, perché
questo era rivolto a lei comunque, “senza dubbio lei voleva dire che lei
è come me, che anche lei ama le donne, il solo problema che la riguarda
è che lei non saprebbe abbordarle che stando in mezzo a loro, dal loro
stesso lato. Senza dubbio è proprio questa la questione che lei viene a
pormi”. Grazie.
Posted by Direzione at
18:00